«Questa faccenda dei contratti swap non é nuova, esce periodicamente e ne avevamo già discusso già qualche anno fa. Come agenzia di rating guardiamo tanti elementi e francamente mi pare che tra le sfide dell'Italia questa non sia la maggiore. Lo sono piuttosto il debito elevato, l'esposizione all'aumento dei tassi di interesse, la persistente bassa crescita economica oltre che i problemi delle pensioni e della sanità». Così Raffaele Carnevale, senior director di Fitch Italia, ha commentato con Radiocor le rivelazioni del New York Times secondo cui un contratto di currency swap siglato nel 1996 dal governo italiano con Jp Morgan avrebbe permesso all'Italia di abbellire i conti e rispettare i parametri per l'ingresso nell'eurozona senza riportare come uscite i futuri pagamenti alla banca.


Secondo il quotidiano newyorkese, la Grecia, che per anni avrebbe abbellito i bilanci con l'aiuto di Goldman Sachs senza rivelare le sue reali esposizioni, non sarebbe stata dunque l'unica a effettuare operazioni di "window dressing". In parte sicuramente minore lo stesso avrebbe fatto anche l'Italia e in particolare in occasione dello swap del 1996. «Non mi sembra in realtà che si possano paragonare i due paesi - ha detto Carnevale - e questo anche per una questione di trasparenza. L'Istat, quando comunica le cifre dell'indebitamento, contabilizza anche gli swap». In sostanza, dunque, non vi sarebbero mine nascoste nei bilanci dell'Italia perché le implicazioni dei contratti sarebbero state comunicate alle autorità europee a differenza di quanto avvenuto per la Grecia. «In generale - ha concluso Carnevale - se per gli enti locali ci può essere un problema derivati perché i bilanci sono molto più piccoli, per gli Stati Sovrani la questione si pone in altri termini perché hanno una tale flessibilità che é normale utilizzare degli swap per compensare i propri profili di rischio o per spostare liquidità a seconda delle esigenze del momento».

 

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